Illusione ottica

Il metodo

Questo è un altro iteressante sviluppo della mia appassionata ricerca. Sono riuscito a realizzare degli “oggetti reali” sconosciuti che in qualche modo “contengono” e mostrano “oggetti virtuali” conosciuti e/o impossibili.

Anche in questo caso mi piace ricordare da dove viene questa scoperta.

Ricordo che un giorno mi trovavo a Desenzano D/G nella Galleria Civica in cui era allestita la mia mostra personale antologica. Come al solito parlavo con tutte le persone interessate e spiegavo il mio lavoro. Come di consueto mi accaloravo saltando da una scultura all’altra cercando di accompagnare i visitatori lungo i sentieri percorsi dalla mia mente e dalle mie mani.

Parlando avevo spiegato anche la scultura Omaggio a Manfred Mohr ma la cosa risultò difficile perchè non avevo con me il catalogo di questo artista.

Successivamente, in un momento di pausa e di riflessione, mi ritrovai a ipotizzare una evoluzione ulteriore di questa esperienza di scambio culturale. Mi venne l’idea di “copiare” l’intuizione di Manfred però lavorando con dei percorsi ricavati dal cubo anziché dall’ipercubo come aveva fatto lui, ritornando poi alla terza dimensione con il metodo delle intersezioni ortogonali intersecando in tutti i modi possibili alcuni di questi percorsi.

Il progetto non ebbe mai seguito perché ebbi l’idea di iniziare con la prima e più ovvia “traccia bidimensionale” ricavata da un cubo “il semplice disegno del cubo in prospettiva”.
Quello che sembrava essere solo il punto di partenza di una ricerca che tuttora mi riprometto di portare avanti, in realtà fu la scoperta di un nuovo straordinario e imprevedibile mondo. Il mondo dei solidi reali e virtuali.

La cosa che mi sorprese fu constatare che, nonostante alla fine del processo di lavorazione il disegno del cubo non ci fosse più essendosi plasmato nello spazio, il nostro cervello continua a percepire l’inganno tridimensionale che era prerogativa del disegno bidimensionale.

E’ evidente che in questo caso si può legittimamente parlare di solidi reali sconosciuti che si “mostrano” come solidi conosciuti ma virtuali.

Devo all’amico Sergio Pea l’idea di utilizzare anche le immagini dei solidi impossibili come la tribarra di Penrose.

Scherzando mi piace parlare  dei solidi reali come di solidi “marziani” che sulla terra, se guardati da certi punti di vista si mostrano come solidi a noi conosciuti e perciò tranquillizzanti.